La grande sfida è scoprire farmaci che rallentino la progressione della malattia, ma molti studi clinici finora hanno fallito perché il Parkinson può avere cause legate a meccanismi biologici differenti. Come la mutazione del gene GBA

Ho 50 anni e il Parkinson da tre. Da esami genetici risulta che ho una mutazione GBA. Sono stata inserita in una sperimentazione: i medici dicono che si potrebbe bloccare o perfino far regredire la malattia con una nuova terapia. Che cosa ne pensate?

Risponde Daniela Calandrella, neurologo, Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson (VAI AL FORUM)

La malattia di Parkinson è la seconda patologia neurodegenerativa più comune e si prevede che la sua prevalenza raddoppierà nei prossimi 30 anni. Una diagnosi accurata è spesso impegnativa, in particolare nelle prime fasi della malattia. I recenti sviluppi nella ricerca includono anche lo studio della fase prodromica (che anticipa la comparsa dei sintomi motori come tremore, rigidità e bradicinesia) e l’identificazione di sottotipi genetici e di un numero crescente di varianti genetiche associate al rischio di Parkinson. La grande sfida infatti è scoprire farmaci che rallentino la progressione della malattia (disease-modifying treatment), ma molti studi clinici con questo obiettivo finora hanno fallito probabilmente perché il Parkinson può avere cause legate a meccanismi biologici differenti.

Gli studi in corso

A sostegno di questa ipotesi c’è la scoperta di mutazioni geniche che contribuiscono al rischio di Parkinson tra le quali le mutazioni del gene della glucosilceramidasi beta (GBA, ora GBA1), che, insieme a quelle del gene LRRK2, sono presenti in una percentuale non piccola (fino al 40% in alcune popolazioni) delle persone con diagnosi di Parkinson. Le mutazioni genetiche che possono essere presenti all’interno del nostro DNA si dividono in mutazioni responsabili di malattia e mutazioni che aumentano il rischio di comparsa della malattia stessa, come quelle del gene GBA1, che oggi rappresentano il più comune fattore di rischio genetico per il Parkinson e sono il target di alcuni importanti studi clinici, che coinvolgono i pazienti con queste mutazioni, come lo studio al quale lei parteciperà. Questi studi hanno lo scopo di valutare la capacità di alcune vecchie molecole (come l’ambroxolo) e di altre nuove molecole (come gli attivatori allosterici di GCase, per esempio) di rallentare progressione della malattia.

Test genetici

I pazienti portatori di mutazioni del gene GBA1 hanno spesso delle caratteristiche cliniche peculiari, quali un esordio di malattia più precoce e un’evoluzione un poco più rapida dei sintomi, sia motori che non motori. Inoltre alcuni gruppi di ricerca, tra cui il nostro, hanno studiato mutazioni diverse a carico del gene GBA1 e visto chiaramente che queste hanno impatti diversi, in termini di penetranza (cioè la frequenza con cui, data una certa mutazione, si manifesta un certo tipo di malattia), esordio, progressione della malattia, nonché presenza o meno di eventuali complicanze. Con l’incremento di questa tipologia di studi, sui quali abbiamo molte aspettative, il tema delicato di aumentare l’accesso alla consulenza genetica e ai test genetici (tramite un semplice prelievo di sangue venoso) per i pazienti con Parkinson sarà importante sotto diversi punti di vista: prognostico, clinico e terapeutico.


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